L’organizzazione per la difesa della libera informazione Reporters sans frontières, ha pubblicato il 5° rapporto sulla libertà di stampa nel mondo. Le sorprese non sono mancate! L’Italia si trova in 40° posizione, guadagnando due posizioni rispetto al 2005. Domanda: cominciamo a trarre i primi benefici del dopo-Berluska o sono gli altri Stati ad aver peggiorato la propria posizione?! I Paesi dove continua ad esserci sempre meno libertà d’informazione sono Cuba, Eritrea, Turkmenistan e Corea del Nord come fanalino di coda. Le prime quattro posizioni sono occupate da Paesi Europei: Finlandia, Islanda, Irlanda e Paesi Bassi. E… gli Stati Uniti?! “I pionieri della libertà” continuano a scendere nella classifica, collocandosi al 53° posto; tale posizione meraviglia (e non poco) se si considera che nel 2002 si collocavano addirittura al 17°! Questo crollo si deve principalmente al Presidente Bush e alla sua amministrazione, che usa demonizzare tutti quei giornalisti che mettono in discussione la sua guerra al terrorismo. Analizzando la classifica nella sua integrità, si nota che pluralismo e libertà d'informazione non sono una prerogativa dei Paesi economicamente sviluppati. Quindi, la ricchezza economica non può essere concepita come indicatore di civiltà di un popolo. La libertà di stampa non può esserci in Paesi dove i poteri (politico, economico) influenzano il mondo dell’informazione. La maggior parte dei giornalisti dovrebbero avere le possibilità e soprattutto la forza e la volontà di opporsi ai poteri. Non può esserci democrazia se non c’è libertà di critica. Se la stampa è compiacente non conta nulla, non ha valore. Nei Paesi occidentali, soprattutto in Italia, questi principi elementari trovano difficile applicazione (vedi Berlusconi e "poteri forti").
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