13 novembre 2006

L'ONU condanna il "bloqueo" su Cuba

Mercoledì 8 novembre, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite (ONU), per la 15° volta consecutiva, ha approvato una risoluzione che condanna il pesante embargo economico che gli Stati Uniti impongono a Cuba.
La risoluzione, elaborata dal Segretario generale ONU Kofi Annan, intitolata "La necessità di mettere fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti su Cuba", denuncia le pressioni e le minacce che il Governo USA perpetra nei confronti, sia delle banche straniere, sia dei cittadini che vorrebbero tenere relazioni con l’isola caraibica. Tale risoluzione è stata approvata a larghissima maggioranza: su 188 nazioni, 183 favorevoli alla risoluzione, 4 contrari (tra cui USA e Israele) e 1 astenuto (Micronesia).
Il "bloqueo" (così chiamato dai cubani) pesa sull’isola della Revolución dal 1962 nonostante l’alternanza alla presidenza degli Stati Uniti che negli anni c’è stata tra democratici e repubblicani.
Il Ministro cubano per le Relazioni Estere, Felipe Pèrez Roque, in un suo discorso, ha definito il bloqueo come "la guerra economica più lunga e crudele che la storia abbia conosciuto" e che "costituisce una violazione del diritto Internazionale e della Carta delle Nazioni Unite". Roque ha anche ricordato a tutti i rappresentanti delle nazioni che gli USA hanno anche approvato nuove misure per rinforzare ed ampliare l’embargo commerciale e finanziario.

Anche Papa Giovanni Paolo II, a seguito della 13° risoluzione dell’ottobre 2004, si pronunciò contro "l’invisibile muro dei Carabi". Queste le parole del Papa: "la Santa Sede desidera vivamente che si possano superare quanto prima gli ostacoli che impediscono la libera comunicazione e gli scambi commerciali fra Cuba e parte della comunità internazionale, arrivando mediante un dialogo rispettoso e aperto a tutti, alla condizione necessaria per un autentico sviluppo".
Del resto, Papa Wojtyla non mancò mai di sottolineare che "le differenze di pensiero non devono produrre alcuna forma di conflittualità sociale".

A quanto pare, gli Stati Uniti non intendono porre fine al blocco economico e all’unilateralismo criminale che caratterizza i propri interventi, in barba al principio di “autodeterminazione dei popoli”, alle norme di diritto internazionale e alla autorità dell’ONU che, a sua volta, viene beffata per l’ennesima volta (come quando l’ONU condannò l’intervento militare illegale degli USA contro l’Iraq).
Ora, alcune domande sorgono spontanee: è giusto sanzionare un governo (legittimo!) soltanto per mancanza di "affinità ideologiche"?!? O, addirittura, gli USA intendono esportare con le bombe "la loro democrazia a stelle e strisce" anche a Cuba (come in Iraq, ecc)?!?

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Stamaledettissimi U.S.A!
Sono il cancro della libertà!
Tra qualche tempo troveranno una scusa per invadere anche Cuba...

Anonimo ha detto...

Inutile dire che qualsiasi violazione del diritto internazionale praticata dal Governo degli U.S.A. non viene mai perseguita. Gli U.S.A. con il loro atteggiamento hanno indebolito l'ONU e l'intero panorama del diritto internazionale. Occorre una riforma del funzionamento dell'ONU stessa, ma come è ovvio, è osteggiata dagli stessi USA, i quali come membri permanenti del Consiglio di Sicurezza godono del diritto di veto.

Caffeina & Nicotina ha detto...

INFATTI!... al fine di affermare "giustizia" in ambito internazionale, una riforma dell’ONU è indispensabile: una riforma che modifichi soprattutto le funzioni e la struttura del Consiglio di Sicurezza che, ad oggi, resta una vera oligarchia decisionale. Una riforma, quindi, che "democratizzi realmente" l’ONU per l’esercizio del suo mandato naturale: la conquista della "pace perpetua" (Kant).
Però, nel frattempo... se è vero che il diritto internazionale è giuridicamente debole contro gli "unilateralismi", è giusto che i Paesi lesi (in questo caso 183) hanno il diritto/dovere di punire gli arbitrii, "conformando" opportunamente le relazioni estere (ad esempio commerciali) con gli USA. (sarò un ingenuo, ma ho ancora fiducia nella politica, anche se residua) ;-)

Anonimo ha detto...

bè, non posso non esser concorde ai precedenti comments, il fatto è che "l'equilibrio" in seno alle nazioni unite rappresenta una logica totalmente coloniale poichè figlia di un periodo storico fortemente condizionato da esigenze geopolitiche ed espressione di un assetto postbellico schiacciante.
lo squilibrio è palese, vi sono praticamente i paesi vincitori di un conflitto contro le dittature nazifasciste(US e GB), un paese asiatico(la Cina), uno che era meglio non contraddire(ex URSS)ed uno(la Francia)che la guerra l' aveva "pareggiata" e che era semplicemente occidentale(dunque più incline alle posizioni degli alleati).
Questa composizione, per quanto contradditoria non era fondata su criteri democratici ma semplicemente militari e opportunistici.
gli altri 180 paesi(i restanti 2/3 della popolazione del pianeta)sappiamo quanto contano.
dunque, per quanto più o meno giusta sia stata tale spartizione è cmq fondata su un equilibrio quantomeno da rivedere e cmq figlio di un particolarissimo contesto, ora scomparso e risalente a più di mezzo secolo fa.....
credo tuttavia che la soluzione non sia semplicemente quella di allargare la cerchia dei paesi "che contano" ma rivedere, in proiezione futura e seria tutta la dinamica delle scelte, interventi e risoluzioni, dandone realmente una sostanza democratica(cominciando dalla cessazione dell' odioso "diritto di veto") che troppo spesso ha svilito il ruolo delle nazioni unite e rivedendo l 'intero diritto internazionale...il problema come l' economia ci mostra, se i produttori di petrolio non hanno interesse a rimettersi seriamente in gioco competendo su nuove tecnologie e fonti energetiche è perchè difficilmente si ritroverebbero cosi potenti, cosi le uniche nazioni che possono rilanciare con forza la Riforma del pianeta sono le stesse che ne hanno tratto e traggono benefici dall' attuale congelamento...sembra un circolo vizioso